Stop al consumo di suolo in Emilia-Romagna a partire da oggi e non dal 2020. Fissando subito il perimetro del territorio urbanizzato.
La proposta di legge urbanistica che la Giunta Regionale intende votare pone un tetto del 3% al consumo di suolo rispetto a quanto già costruito, ma il vincolo scatterà non prima del 2020 (e con tantissime deroghe): nel frattempo il consumo di suolo non sarà "contabilizzato".
Rischiamo di assistere a 4 anni di corsa alla lottizzazione.
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Il disegno di legge della nuova legge urbanistica presentata dalla Giunta regionale dell’Emilia Romagna in questi giorni non arriva in fondo al tema del consumo di suolo, ma si ferma a metà strada.
Una via di mezzo, con troppe deroghe che vanificano l’impianto di fondo del testo, e la possibilità di un ampio margine per consumare suolo. Un risultato sicuramente non sufficiente per una regione che negli ultimi decenni ha consumato enormi quantità di territorio, sia per superficie complessiva che per grado di dispersione insediativa. Un risultato sicuramente contraddittorio per una regione che, almeno in teoria, punta sull’agroalimentare, come settore trainante dell’economia.
Il testo della norma presenta certamente scelte importanti che Legambiente richiede da tempo. Primo tra tutti l’azzeramento delle previsioni urbanistiche dei Piani tre anni dopo l’approvazione definitiva della legge (a fine 2021 probabilmente) e, successivamente a questa data, la fissazione di un tetto al consumo di suolo. Ma questo non consentirà di ridurre il consumo di suolo ad un quarto delle previsioni attuali, come affermato nei comunicati della Regione.
Il tetto fissato dalla Regione, infatti, non vale per una lunga serie di interventi in deroga che non vengono contabilizzati, impedendo quindi di valutarne l’entità. Tra tutti questi interventi, preoccupano soprattutto le realizzazioni di “interesse pubblico”, definizione generica che in questi anni ha permesso a molte lobby di ottenere il via libera a progetti inutili e dannosi tramite i famigerati accordi di programma.
Inoltre, non è previsto nessun obbligo di compensazione ambientale o di “saldo zero” per le future espansioni sul suolo vergine, un aspetto che Legambiente ha sempre richiesto come necessario per disincentivare economicamente il consumo di suolo.
Infine, nei prossimi tre anni la legge non pone limiti quantitativi alla riconferma delle previsioni passate, che assommano, per ammissione della Regione stessa, a 250 kmq., pari a 50.000 campi di calcio.
Troppe quindi le discrezionalità presenti nel testo, e le opportunità di deroghe concessa ai Comuni, che negli ultimi anni sono state ampiamente utilizzate e manipolate da gruppi economici e poteri forti. L’esperienza di applicazione dell’ultima legge urbanistica della regione, infatti, dimostra che tutto quanto era interpretabile è stato costantemente utilizzato per consumare quanto più suolo possibile.
Chiediamo dunque che nel percorso che porterà al voto in Assemblea Regionale, si correggano queste contraddizioni inserendo i giusti meccanismi di tutela del suolo, e fissando un rigoroso e restrittivo sistema di deroghe così da limitarne l’utilizzo.
Chiediamo che la legge dell’Emilia Romagna possa essere un modello per il Paese, non una scelta di compromesso.
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lunedì 19 dicembre 2016
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